Tassazione di proventi di attività illecita: chiarimenti sull’individuazione del periodo di imposta
Necessario fare riferimento al momento in cui viene acquisita la disponibilità dei proventi, coincidente con la realizzazione del presupposto impositivo fissato dal ‘Testo unico delle imposte sui redditi’

In materia di ripresa a tassazione, ai fini dell’IRPEF, di redditi costituiti da proventi di attività illecita, per l’individuazione del periodo d’imposta a cui imputare tali redditi deve farsi riferimento al momento in cui viene acquisita la disponibilità dei detti proventi, coincidente con la realizzazione del presupposto impositivo fissato dal ‘Testo unico delle imposte sui redditi’.
Questo il principio fissato dai giudici (ordinanza numero 307 dell’8 gennaio 2025 della Cassazione), chiamati a prendere posizione su un avviso di accertamento con cui il Fisco ha recuperato a tassazione, a fini IRPEF, i proventi illeciti conseguiti nel 2006 dal contribuente mediante la commissione di plurimi reati di corruzione, posti in essere nella qualità di direttore pro tempore di un ufficio locale dell’Agenzia delle Entrate.
In sostanza, il contribuente ha impugnato l’atto impositivo sostenendo che i redditi in questione avrebbero potuto formare oggetto di accertamento in relazione all’anno 2005 e non in relazione all’anno 2006. E questa visione è stata ritenuta corretta dai giudici tributari di primo grado: a loro parere, l’avviso di accertamento è stato illegittimamente emesso dopo la scadenza del termine previsto dalle ‘Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi’.
Di parere opposto, invece, i giudici tributari di secondo grado e, soprattutto, i magistrati di Cassazione, per i quali l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate è assolutamente valido.
Per inquadrare meglio la questione, viene ricordato, normativa alla mano, che presupposto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche è, tra l’altro, il possesso di redditi in denaro, e che nelle categorie di reddito devono intendersi ricompresi, se in esse classificabili, i proventi derivanti da fatti, atti o attività qualificabili come illecito civile, penale o amministrativo se non già sottoposti a sequestro o confisca penale. Inoltre, i proventi illeciti, qualora non siano classificabili nelle categorie di reddito previste dal ‘Testo unico delle imposte sui redditi’, sono comunque considerati come redditi diversi.
In questo quadro va poi aggiunto un ulteriore dettaglio: il termine possesso, utilizzato nel ‘Testo unico delle imposte sui redditi’, evoca, nel suo significato minimo comune, la riferibilità a un soggetto di determinati redditi e la titolarità in capo a lui degli inerenti poteri di disposizione.
Ciò detto, nel caso in esame si è appurato che il possesso dei redditi recuperati a tassazione fu acquisito dal contribuente nell’anno 2006, nel corso del quale i proventi dell’attività illecita da lui posta in essere, consistita in una pluralità di episodi corruttivi, confluirono sui conti correnti bancari intestati a lui stesso ed a sua moglie.
Ai fini fiscali, però, non rileva il momento di commissione dei singoli fatti di reato (il cosiddetto momento corruttivo), bensì quello in cui è avvenuta l’acquisizione dei redditi oggetto di ripresa a tassazione.
Corretto, quindi, l’operato dell’Agenzia delle Entrate, alla luce di quanto stabilito riguardo all’individuazione del presupposto impositivo del tributo.