Persona deceduta: diritto al risarcimento della lesione morale riconosciuto ai prossimi congiunti

Non necessario provare di essere eredi per esercitare la relativa azione risarcitoria, essendo sufficiente la dimostrazione del rapporto di parentela con il de cuius

Persona deceduta: diritto al risarcimento della lesione morale riconosciuto ai prossimi congiunti

A fronte del danno per la morte, cagionata dal fatto illecito altrui, di una persona, il diritto al risarcimento della lesione non patrimoniale da perdita del rapporto parentale e del vulnus patrimoniale da lesione del credito si acquista come prossimi congiunti iure proprio e non iure hereditario. Perciò, essi non debbono provare di essere eredi per esercitare la relativa azione, essendo sufficiente la dimostrazione del rapporto di parentela con il de cuius. Solo per il danno relativo alla morte, danno che compete iure hereditario, è necessaria la prova della qualità di erede.
Questi i punti fermi fissati dai giudici (ordinanza numero 14970 del 4 giugno 2025 della Cassazione) a fronte della istanza risarcitoria avanzata dai familiari – figli e nipoti di un uomo investito da un veicolo e morto, alcuni giorni dopo, a causa delle lesioni riportate.
Questione centrale, utilizzata dai giudici di merito per respingere l’ipotesi del risarcimento, è quella relativa alla legittimazione attiva dei familiari del defunto, legittimazione non certificata, secondo i giudici di merito, a fronte dalla mancanza di prova del loro status di eredi.
Questa visione viene però ‘censurata’ dai giudici di Cassazione, i quali osservano che il principio indebitamente applicato sia in primo che in secondo, principio che onera colui che propone l’azione o l’impugnazione di dare la prova della qualità di erede, riguarda l’ipotesi in cui l’impugnazione venga spiegata in qualità di successore di una delle parti originarie venuta meno nelle more del processo, nonché quella in cui l’azione venga proposta nell’asserita qualità di erede di altro soggetto, indicato come originario titolare del diritto.
Tali presupposti non sussistono, invece, precisano i giudici di Cassazione, nell’ipotesi di domanda di condanna al risarcimento del danno per la morte di una persona cagionata dal fatto illecito altrui, atteso che il diritto risarcitorio si acquista dai prossimi congiunti iure proprio e non iure hereditario, onde essi non debbono provare di essere eredi per esercitare la relativa azione, salva l’ipotesi in cui, essendo la morte avvenuta dopo apprezzabile lasso di tempo, vengano invocate anche le voci del danno patrimoniale e non patrimoniale cosiddetto terminale, che competono, appunto, iure hereditario.
Tornando alla vicenda in esame, i familiari del defunto, nel domandare il risarcimento del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale e del danno patrimoniale da lesione del credito, hanno fatto valere delle pretese iure proprio, rispetto alle quali, osservano i giudici, non si era verificata la vicenda di successione ereditaria nei confronti del defunto, perché sorte originariamente sulla sfera giuridica dei suoi congiunti. Soltanto con riguardo al capo di domanda concernente il danno tanatologico (peraltro, nella fattispecie, del tutto marginale, dal momento che il decesso della persona è avvenuto nella quasi immediatezza del sinistro), sarebbe rilevata la dimostrazione della qualità di eredi.
Tirando le somme, poiché, ai fini del riconoscimento del danno da perdita del rapporto parentale e del danno patrimoniale da lesione del credito rileva, anziché la qualità di erede, il rapporto di parentela con il de cuius – e poiché questo rapporto è stato documentato (mediante invio di certificati di stati di famiglia) nelle comunicazioni, antecedenti all’istaurazione del giudizio, inviate alla società assicurativa – indebitamente il giudice del merito ha rigettato la domanda risarcitoria iure proprio per difetto di prova di legitimatio ad causam.

news più recenti

Mostra di più...