Rivendica di beni mobili: si presume l’appartenenza al debitore

Il riferimento è ai beni inventariati nel fallimento e rinvenuti nell’abitazione o nell’azienda collegabili al debitore

Rivendica di beni mobili: si presume l’appartenenza al debitore

A fronte di una domanda di rivendica di beni mobili inventariati nel fallimento, opera una presunzione legale relativa di appartenenza al debitore dei beni rinvenuti nell’abitazione o nell’azienda a lui riferibili. Perciò, il terzo rivendicante deve fornire la doppia prova, con atto scritto avente data certa anteriore al fallimento, sia del proprio diritto reale sul bene, sia della qualità dell’affidamento del bene al debitore esecutato. Tale regime probatorio si applica indipendentemente dalla circostanza che il debitore abbia perso la disponibilità giuridica dei locali ove sono stati inventariati i beni, purché l’inventariazione sia avvenuta presso la sede dell’impresa.
Questi i chiarimenti forniti dai giudici (ordinanza numero 14834 del 29 maggio 2025 della Cassazione), i quali hanno respinto l’istanza avanzata da una società per rivendica e restituzione nello stato passivo del fallimento di una ‘s.r.l.’ e relativa a diversi beni mobili inventariati dal curatore all’interno della sede della società dichiarata fallita.
In sostanza, la società rivendicante ha dedotto che i beni inventariati erano stati acquistati sia da terzi, sia dalla società poi dichiarata fallita in epoca anteriore alla dichiarazione di fallimento e ha aggiunto che i beni, inoltre, si trovavano in locali di sua proprietà ed erano stati utilizzati per l’esercizio della sua attività di impresa.
Per i giudici di merito, però, non vi sono i presupposti per accogliere la domanda di rivendica, poiché, da un lato, non è stata fornita la prova dei beni rivendicati e, dall’altro, i beni in oggetto vanno catalogati come ricompresi in un ramo di azienda acquistato dalla società fallita e siti nei locali dell’impresa, condotti in comodato e successivamente in locazione dalla società fallita. Inoltre, non provata la proprietà dei beni inventariati con atto avente data certa anteriore al fallimento e non provato il titolo in base al quale i beni rivendicati siano stati affidati al fallito.
Sulla stessa falsariga anche i giudici di Cassazione, i quali osservano che la dichiarazione di fallimento attua un pignoramento generale dei beni del fallito, per cui le rivendiche dei beni inventariati proposte nei confronti del fallimento hanno la stessa natura e soggiacciono alla stessa disciplina delle opposizioni di terzo all’esecuzione. Ne consegue che il terzo, che rivendichi la proprietà o altro diritto reale sui beni compresi nell’attivo fallimentare, deve dimostrare, con atto di data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento, di avere acquistato in passato la proprietà del bene ed altresì che il bene stesso non era di proprietà del debitore per essere stato a lui affidato per un titolo diverso dalla proprietà o altro diritto reale, con esclusione della prova con testimoni e per presunzioni. Unico temperamento è la possibilità di utilizzare per la prova della proprietà e dell’affidamento al debitore dei beni i testimoni o le presunzioni ma nel solo caso in cui l’esercizio del diritto stesso sia reso verosimile dalla professione o dal commercio esercitati dal terzo o dal debitore.
In sostanza, vige una presunzione legale relativa di appartenenza al debitore dei beni mobili pignorati, rinvenuti nell’abitazione o nell’azienda a lui riferibili, che opera sul presupposto di una relazione di fatto tra il debitore e questi particolari spazi di vita professionale o familiare, per cui contro chi ne gode il terzo deve dare la doppia prova con atto scritto avente data certa anteriore al fallimento, e cioè sia del proprio diritto reale, sia della qualità dell’affidamento del bene al debitore esecutato.
Ove, pertanto, l’inventariazione dei beni da parte del curatore (che equivale alla individuazione nel pignoramento) avvenga nei locali dell’impresa, il rigoroso regime probatorio si incentra unicamente sulla proprietà dei beni da parte del terzo rivendicante e sull’affidamento al fallito con scrittura avente data certa.
Applicando questa visione alla vicenda in esame, è accertato che l’inventario è stato eseguito presso la sede legale dell’impresa, per cui risulta irrilevante che l’inventario sia stato eseguito in luoghi relativamente ai quali si è dedotto che la società fallita avesse perso la disponibilità giuridica.

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