Temi elefantiaci per ufficializzare l’acquisto dell’immobile: il compratore può fare marcia indietro

Riconosciuto dai giudici il diritto di ottenere dal venditore il doppio della caparra.

Temi elefantiaci per ufficializzare l’acquisto dell’immobile: il compratore può fare marcia indietro

A fronte di tempi elefantiaci per il rogito, il compratore può fare marcia indietro e ottenere dal venditore il doppio della caparra già versata. Questo il punto fermo fissato dai giudici (sentenza del 2 settembre 2024 del Tribunale di Gorizia), i quali hanno ritenuto legittime le lamentele di una donna, la quale ha raccontato di aver concluso, in qualità di promissaria acquirente, un contratto di compravendita immobiliare e di aver versato alle promittenti venditrici 10mila euro mediante assegno bancario (consegnato all’agenzia immobiliare che fungeva da intermediaria) a titolo di caparra confirmatoria, e ha aggiunto poi che il contratto definitivo non veniva stipulato entro il termine indicato nell’accordo preliminare, e ciò a causa delle condotte delle venditrici. Proprio la tempistica, cioè nove mesi di ritardo rispetto alla scadenza prevista, ha spinto la promissaria acquirente ad avvalersi della facoltà di recesso, come previsto dal Codice Civile, e a chiedere la condanna delle promittenti venditrici al pagamento di una somma pari al doppio della caparra, al netto della caparra nelle more già restituita. Innanzitutto, per i giudici, la caparra è stata è stata validamente costituita, anche se l’assegno non è stato materialmente consegnato o incassato dal venditore, poiché l’agenzia era autorizzata a riceverli e, quindi, avere consegnato l’assegno all’agenzia significa averlo consegnato direttamente al venditore. Per quanto concerne la tempistica, per i giudici nove mesi di ritardo sono troppi, soprattutto considerando che la promissaria acquirente aveva già ottenuto un mutuo, che rischiava di scadere, per portare a termine l’operazione immobiliare. E l’inadempimento addebitabile alle promittenti venditrici non è scarsa importanza, sia perché si sostanzia nella non conclusione del contratto definitivo, ossia l’obbligazione principale, sia perché il ritardo si è protratto ben oltre il tempo che poteva essere considerato tollerabile. In sostanza, benché il termine non fosse indicato come essenziale, un ritardo di almeno nove mesi appare effettivamente essere eccessivo rispetto a quanto possa considerarsi ragionevole. Ciò anche considerando che la promissaria acquirente aveva dovuto chiedere la concessione di un mutuo al fine di provvedere al pagamento dell’intero prezzo.

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